Distintivo dell'UNPROFOR
La missione si concentrò fin da subito nella creazione di enclavi sicure all'interno delle aree a maggior rischio e successivamente tramite estensioni del mandato si dedicò a proteggere vari obiettivi militari serbi (un celebre esempio è la messa in sicurezza dell'areoporto di Sarajevo).
Fin dal suo inizio la missione impedisce ai soldati (detti "caschi blu") di intervenire militarmente per sventare conflitti armati ma impone un ruolo di osservatori esterni allo svolgimento dei fatti. Questo causò fin da subito le prime anomalie in quanto i caschi blu potevano assistere a stragi e combattimenti senza poter prendere direttamente parte al combattimento per svolgere la loro funzione di "pacificatori". Nel film No Man's Land viene descritta molto efficacemente questa situazione, l'impossibilità ad agire rendeva i caschi blu semplici spettatori di questo conflitto; rendendolo, ancora una volta, paradossale.
Blindati dell'UNPROFOR proteggono l'areoporto internazionale di Sarajevo, 1993
Proprio l'impotenza dei caschi blu fece si che i soldati serbi sfruttassero la loro presenza e li usassero addirittura come scudi umani, forti della sicurezza di non poter essere minacciati con le armi.
Centinaia di caschi blu vennero infatti presi come ostaggi dai serbi e tenuti prigionieri in punti strategici per evitarne la distruzione ad opera della NATO, che aveva cominciato a bombardare.
Nel maggio 1995 il generale Ratko Mladic fece assaltare un comando dell'UNPROFOR a difesa del ponte di Vrbanja prendendo i caschi blu come ostaggi.
Ma la completa inefficienza dei caschi blu fu sotto gli occhi di tutti quando l'11 luglio 1995 i serbo-bosniaci guidati dal generale Mladic entrarono nell'enclave di Srebrenica sotto lo sguardo dei militari olandesi che non fecero quasi nulla per impedirlo. Mladic ordinò così quello che probabilmente è stato il più grande genocidio in europa dopo la seconda guerra mondiale, le cifre (che ovviamente non concordano) parlano di circa 8.000 musulmani bosniaci massacrati in quei giorni.
La presenza di battaglioni dell'UNPROFOR fu se non dannosa assolutamente inutile, i civili in fuga dagli assedianti infatti si rifugiarono nei punti di osservazione dei caschi blu sperando che queste zone venissero risparmiate ma così non fu; i serbi entrarono nelle basi dell'UNPROFOR prendendo in ostaggio una cinquantina di caschi blu e potendo così considerare conquistata ed assoggettata la città di Srebrenica.
La totale mancanza di azioni difensive nei confronti dei civili da parte dei caschi blu causò molte critiche alla gestione che era stata fatta della guerra fino ad allora, rivelò infatti al mondo intero l'effettiva impotenza delle forze che avrebbero dovuto proteggere i civili dai massacri ordinati da Milosevic e Karadzic.
Corpi delle vittime esumati dalle fosse comuni, Srebrenica
LA FINE DELLA GUERRA
La guerra in Bosnia si concluse con l'accordo di Dayton (più precisamente General Framework Agreement for Peace) nel novembre del 1995. Vi parteciparono i più importanti esponenti delle parti in guerra: il presidente della Serbia Milosevic, il presidente croato Tudjman e il presidente della Bosnia Erzegovina Alija Izetbegovic. L'accordo sancì, oltre alla fine della guerra, la divisione del territorio della Bosnia in due entità distinte: la federazione Croato-Musulmana e la Repubblica Serba. Le due entità hanno svariate autonomie ma sono inserite in un unico contesto statale.
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