Descrizione

Tesina di Eugenio Manuelli
Liceo Scientifico Elio Vittorini
Anno Scolastico 2012-2013

venerdì 31 maggio 2013

La Jugoslavia di Milosevic

Alla morte di Tito il governo centrale riuscì per i primi anni, malgrado una diffusa opinione contraria, ad impedire la dissoluzione della repubblica e a far fronte a difficoltà economiche dovute alla politica estera della Jugoslavia Titina. Il debito estero però nella seconda metà degli  anni '80 era aumentato a dismisura e la posizione di neutralità non consentiva più rapporti privilegiati con entrambe le parti ma aveva logorato anche la credibilità del paese. E' in questo scenario che trova spazio un crescente sentimento di nazionalismo. I serbi, che da sempre coltivavano mire espansionistiche sul resto della Jugoslavia, furono i più sensibili a questo richiamo "pretitino"; Slobodan Milosevic fu l'artefice di tutto questo. Cavalcando l'onda del nazionalismo (nel 1986 venne pubblicato il memorandum dell'accademia serba delle scienze, la denuncia di una campagna anti-serba in tutta la jugoslavia) riuscì in pochi anni a creare un forte movimento e nel 1988 venne destituito il vecchio governo in favore del movimento nazionalista serbo. Milosevic seppe giocare con i sentimenti dei serbi, organizzando manifestazioni e rilanciando il mito della "Grande Serbia" poté manipolare facilmente l'opinione pubblica arrivando ad assoggettarla e a porre le fondamenta per lo scontro armato.


"E' dalla Serbia che parte la prima, determinante spinta alla disintegrazione della Jugoslavia.
Perno di questa spinta è la disinformazione attraverso i mass media.
Assistiamo a qualcosa di nuovo e stupefacente. Non è la disinformazione bellica,
antica come il cavallo di Troia e banalmente finalizzata al depistaggio del nemico.
Quella cui assistiamo a Belgrado dalla fine degli anni ottanta è disinformazione pre-bellica.
Essa rappresenta qualcosa di tremendamente moderno e complesso: 
non serve a depistare l'avversario, 
ma a costruire la guerra nella mente della gente, a gonfiare un antagonismo che non c'è
o è solo latente, ad attirare gli uni e  gli altri nella trappola dello scontro.
Il congegno è complesso ma anche inaspettatamente leggibile. Le ruote dentate della macchina si mettono in moto facilmente in un crescendo infernale di cui possiamo riassumere i momenti.
Eccoli:
1. la disgregazione del vecchio mito titoista.
2. la costruzione di un destino storico nuovo.
3. l'invocazione del leader da parte della massa.
4. il risveglio dell'aggressività attraverso la paura.
5. l'accensione dei focolai di scontro.
6. la teoria del tribalismo.
E' un'escalation visibile un po' ovunque, ma soltanto in Serbia essa parte da così lontano e si manifesta in modo così appariscente e completo."

Paolo Rumiz, Maschere per un massacro



Anche in Croazia nel 1989 si formò l'UDC (unione democratica croata), un partito anti-comunista di centro-destra guidato da Franjo Tudjiman. Questo ex generale di Tito faceva leva sui sentimenti nazionalisti croati per promuovere l'indipendenza croata. 
Il 25 giugno del 1991 Slovenia e Croazia indicono un referendum per decretare la separazione dalla Jugoslavia ma a Belgrado Milosevic, forte del controllo dell'esercito federale, non ci sta e attacca gli stati indipendentisti. La Slovenia, complice anche la sua posizione (confinante con i paesi dell'europa occidentale), dopo una guerra-lampo di 10 giorni vede riconosciuta la propria indipendenza mentre la Croazia subirà un pesante attacco culminato nella distruzione di città come Vukovar.

Slobodan Milosevic

Si tratta a tutti gli effetti di una guerra civile, innanzitutto perchè combattuta tra popoli che fino a qualche giorno prima erano stati parte dello stesso stato ma soprattutto per il ruolo preminente svolto dai civili. Si moltiplicano le milizie volontarie, soprattutto tra i villaggi di montagna, per contrastare l'esercito federale e la morte di civili non è più conseguenza accidentale di uno scontro tra eserciti ma diventa l'obiettivo primario, il caos e la distruzione sono all'ordine del giorno.

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